giovedì 14 febbraio 2008

De mediolanensis potissimo vehiculo

Il capoluogo lombardo (Milano, visto che specificare non fa mai male) ha la caratteristica di essere – correggetemi, se sbaglio – una delle città più fornite di mezzi di trasporto, tra linee tranviarie e non, in grado di coprire e collegare tra loro tutti i punti della città: primo in assoluto, per uso e abuso, la metropolitana. Ora, se da un lato questa appare comodissima per svariati motivi che non starò qui a elencare per mancanza di voglia e ispirazione, dall’altro manifesta delle peculiarità che, se considerate nel loro insieme, danno della metro’ (e non metrò) un’immagine assurda e fantascientifica, degna di un qualsiasi film di stampo avanguardista.Tre o quattro sono i punti che vanno a descrivere la follia che anima questo ammasso di ferraglia e elettricità; sono i seguenti:
a) “De artificioso ludrico
Chi ha il coraggio di affermare che la metropolitana annoia e che farsi tutta una linea da un capolinea all’altro è seccante, si sbaglia di grosso. Perché invece offre mille e mille intrattenimenti che occupano il tempo del passeggero e rendono il viaggio altamente gradevole.Prime fra tutti – non per preferenza, ma per immediatezza – sono le decorazioni delle carrozze che, da semplici scatole bitonali, si trasformano in particolari paralleloidi dalle più svariate tinte; tutto gentilmente offerto da quei ragazzi che, sfruttando la liscia superficie, elaborano opere d’arte con pennarelli indelebili o bombolette spray, permettendone così la piena contemplazione spirituale.
Successivamente, si passa dall’attrattiva visiva a quella uditiva. A chi non è infatti capitato di incappare in quei musicisti che, non appena poggi la testa al finestrino (per chi non è schizzinoso/a) e socchiudi gli occhi meccanicamente, iniziano, proprio accanto a te, a ricreare le più famose sinfonie con gli strumenti più disparati? La creatività è tutto: chitarre, violini, fisarmoniche, xilofoni fatti a corde (non conosco il nome), orchestre, concertini dove una rumena canta “o mia bela Madunina” sbagliando completamente la pronuncia di ogni singola parola… Insomma, artisti il cui calibro è superato solo dagli Amici della De Filippi.
Per ultimo, se vogliano considerarlo come una forma d’arte, ci sono i giornali cortesemente forniti da non so chi in collaborazione con l’Azienda dei Trasporti Merdosi (aka ATM). Su i quali, se permettete, non ho assolutamente da dire.
b) “De artificioso incommodo
Questo punto raccoglie tutti quegli inconveniente tecnici che, in rapporto sinergico con le vicissitudini brevemente descritte nel punto precedente, garantiscono al mezzo un’instabilità adrenalinica, che nemmeno il buon vecchio Harrison Ford (o chi per lui) ha mai percepito sul set di Indiana Jones.
Gran classico: problemi di tipo elettrico. Ergo, blackout all’interno delle carrozze. Le reazioni sono, da principio, sempre e immancabilmente uguali. I passeggeri si lamentano contro il servizio, sbuffano, sganciano appellativi ed epiteti volgari e fissano ripetutamente l’orologio. Poi tutto si differenzia e parte per vie differenti. C’è chi esce dal convoglio nella speranza di un mezzo di superficie più affidabile; coloro che pregano perché venga creata loro una scusa per ritardare l’orario di arrivo in ufficio per non vedere quella zoccola della collega; altri – e sono quelli che trovo più meravigliosi (pardon) – cercano invece tutti i modi per attaccar bottone con la scusa di domandare al vicino o all’astante il motivo di tanta agitazione. Quello che mi chiedo ormai da anni è come, alla fine di tutto, si arrivi sempre a parlare del marito morto, della figlia violentata e del cugino dello zio che è stato derubato da extracomunitari.
Poi ci sono gli intoppi di carattere fisico. E non parlo di scienze matematiche. E anche qui ci sarebbe da ricreare una bipartizione, ma mi limiterò a elencare in maniera molto sbrigativa la cosa. Da una parte abbiamo delle situazioni poco spiacevoli. Si chiudono le porte e rimane tra queste due la testa di una ragazza. Si sforza di tirarla in dentro, ci riesce e le rimangono le dita fuori. La metro’ parte e la fermata dopo le porte si aprono dall’altra parte. Destino beffardo.
Dall’altra parte ci sono io suicidi, quelli che decidono che bloccare l’intera milano gettandosi sotto un vagone della metro rossa (perché probabilmente il colore sollecita l’atto), possa render giustizia alla loro scomparsa da questo mondo. Ecco come si odiano i morti.

Finished. Nulla più. The place to be.