venerdì 19 settembre 2008

I feel in love with a dead boy

Se c'è un uomo per cui io potrei perdere la testa, non badando affatto all'aspetto fisico - nonostante ultimamente non sia un metro di giudizio strettamente necessario - quello sarebbe Antony.
Non solo per la splendida voce che si ritrova. Quella, dopotutto, non è certo una situazione che ha cambiato lui: era così, non l'ha creata o mutata; null'ha che possa averla trasformata per renderla così dannatamente amabile e malinconica. Eppure, ovviamente, non è meno apprezzabile di una cosa plasmata con le proprie mani, affatto.
Ma ti rendi conto dalle parole che scrive nelle canzoni, da come le pronuncia, da come sa ogni volta reinterpretarle a ogni concerto (god, I AM going to the next concert), che in una qualche maniera ti conosce. E' una cosa stupida, lo so, ma quando senti una tale empatia nelle canzoni, o quella persona sei tu - e, mi spiace, non sono Antony - oppure sa quelli che provi, è parte di te da anni senza che tu lo sapessi. E ringrazio alla follia chi me l'ha fatto conoscere, senza di lui non avrei vissuto un intenso periodo della mia vita che, nonostante l'apatia e il piattume, è da conservare avidamente.

Per il resto, sono reduce dall'influenza. Persone che vanno e persone che vengono. Più le persone che vanno. Fortunatamente. Voglio un po' starmene da solo ma la gente non lo capisce. Tu non lo capisci. Ah, grazie a M. per aver diffuso così velocemente quello che stupidamente gli avevo confidato. Voglio del cioccolato. E una pelle nuova.
E magari una vita.

Just a spoonful of sugar...

Ormai sono abituato alla mole di medicinali di cui mi imbottisco. Una sorta di assuefazione sulla linea di odio-amore: adoro quel che sono, odio il motivo per cui li prendo. Più semplice di così.
Son sicuro che, dovessi mai smettere di ingerire pillole o pastiglie, mi darei agli psicofarmaci. Anzi, peggio. Tic Tac spacciandoli per psicofarmaci, giusto per amalgamarsi meglio con tutti quei finti isterici che ormai sbucano fuori come i funghi. Sì, penso proprio che quel proverbio bisognerebbe cambiarlo in quel senso...
Poi in questi giorni di malattia a casa, in cui li assumo con maggior assiduità e coerenza, il mio unico pensiero (a parte "cosa mi trattiene ancora dall'abbandonare l'università") è:

"Come riordino i miei medicinali? Secondo un rigoroso e comune ordine alfabetico o in base a una più triviale sequenza cromatica? Ovviamente seguendo quella dell'arcobaleno..."

Abolite tutte le pubblicità. Possibilmente quelle della CEPU. Ridatemi il cortisone!