martedì 18 dicembre 2007

Encefalogramma piatto

Mi sto stancando di tutte queste immaginette che ricorrono a idoli per giustificare la propria ignoranza e incapacità di giudicare una persona in base anche a quello che un decadente aspetto fisico cela dietro di sè. Quegli individui che se non sei al livello giusto di coolness non ti fanno entrare nemmeno nella loro cerchi di amici. Ma forse è meglio così. Guastarsi l'animo passando del tempo con i vari Ken o Bratz Boyz potrebbe effettivamente essere troppo. E ricordiamo che Ken le palle non le ha...
Odio quelle teste di cazzo che ti guardano una volta, passano due ore con te e già ti dicono che non c'è compatibilità, per il semplice fatto che magari hai detto che sei lievemente in disaccordo su un argomento, futile per giunta. Ora che so che ami Paris Hilton, uh, sì che mi sentirò molto meglio eheh! Cazzo ti devo enormemente ringraziare, mi ha fatto capire il senso della (non) vita!
Sì, queste risposte farebbero di certo colpo, ma è palese a questo punto che i microcefali vogliono microcefali... Al prossimo Natale inizierò a regalare specchi con buchi a livello genitale e orale così che la gente potrà divertirsi a scopare la propria immagine riflessa nello specchio... o nella realtà, tanto si confondono...
Detesto chi trova il coraggio di dire "è quello giusto" riuscendo a cambiare uno dietro l'altro un numero N tendente all'infinito di essere umani. E mi meraviglio che io stia effettivamente delirendo dietro a persone che di fatto in questo momento stanno pensando a quanto tempo passare con un tizio, calcolare tutta la tempistica in modo da non essere soli durante le feste. Ops, no! In modo da ricevere regali costosi durante tutte le feste...

Non sono un santo, ma nemmeno un essere morto.

lunedì 17 dicembre 2007

Lettera a una madre...

Ciao mamma...
è un po' che volevo scriverti questa lettera. Mi ero ripromesso che l'avrei fatto a Natale come "regalo"... - Cosa regali a tua madre quest'anno? - La verità!... Pensa come suona bene, sembra tutto molto profondo ed elegante da dire. Certo, a farlo diventa complicato e, per me, irrealizzabile. Infatti come vedi lo scrivo sul mio blog, che tu non sai nemmeno esistere, non sai nemmeno cos'è un blog; buffo, ti tengo pure bloccata su messenger per non farti vedere quello che è la mia vita e come porto avanti le mie giornate. Ogni tanto voglio vederti sbatterti per sapere quello che mi gira per la testa, quelli che sono i miei sentimenti positivi e negativi. Tutto troppo semplice leggerli da una pagina del Web.

E' un sacco di tempo che penso e ripenso al nostro striminzito rapporto, a quella relazione da una parte fertile e dall'altra profondamente arida, ravvivata qualche volta da un debole filo d'erba che colora l'atmosfera. Quelle domande mai poste nei miei confronti, ma sempre pronte da rivolgerti quando tornavi a casa dal lavoro... abbracci innocenti accompagnati da un tuo "Sei viscido, di cosa hai bisogno?". Ma sopporto, sopporto perchè l'abitudine a volte può riuscire anche a trascinarti via dal dolore, ti assuefa a quella sensazione di dispiacere e ti rende immune da qualsiasi altro sentimento negativo proveniente da un'analoga situazione. Assieme al cortisone, è la mia droga migliore.

Poi ci sono quei due amici che non hai mai sopportato ma che mi hanno dato di tutto, dall'amicizia, all'amore, alla fratellanza, alla sensazione di famiglia. Tu non li sopporti perchè mi allontanano da te, mi distaccano dal giusto cammino, mi contaminano... ma mi chiedo se a volte hai mai capito che mi rendevano molto più felice di quello che potevi fare tu in quel momento, troppo preoccupata ad andare al lavoro per curare l'aspetto pecuniario mio e di mio fratello. Ma non basta, sai? No, non è mai bastato... come vedi a lavorare ci posso pensare anche io e ti sto dando la dimostrazione che, nonostante apprezzi molto i sacrifici che hai fatto e che stai tuttora facendo per me, forse una parola dolce o un interessamento in più avrebbero cambiato la situazione e avrebbero disseminato radici che non mi avrebbero più fatto distaccare da casa...
Me ne sono andato invece. Ora sono a Milano e nonostante a volte mi penta della scelta che ho fatto, preferisco soffrire in questo modo che stare in casa e rifiutarmi capricciosamente di giocare a carte con te.

Al lavoro, le tue vecchiette mi dicono che sei una gran donna, sei estremamente laboriosa e ti sbatti in quattro per riuscire a fare bene il tuo lavoro. Be', io sono fiero di te, sei una persona eccezionale da quel punto di vista e non lo rinnegherò mai. Sei forte, ti sei forgiata un'armatura sui tuoi sbagli e sulla stronzaggine degli uomini che hai incontrato per la tua strada... ma forse hai mancato qualcosa.

Questa sì, è un'egoistica lettera d'accusa a un mancato qualcosa, alla tua dannata incapacità di capire che hai un figlio che vorrebbe condividere tutto della sua vita ma che è incapace di agire a causa del tuo paraocchi mentale, che ti impedisce di vedere oltre; a causa di quel tuo farti condizionare così tanto dal parere degli altri e dal cercare così protettivamente di mettermi sotto una campana di vetro che non fa altro che allontanarmi.
Un figlio scapestrato e l'altro frocio, che destino per una madre...
Eppure io ti voglio bene, devo ancora capire se quello che provo è verso la persona o vero la "madre"...
Fatti viva ogni tanto, mi raccomando.
Sempre e comunque tuo figlio,
Alberto

Racconto #1

Ieri stavo camminando per casa. Non c'era nessun altro con me, vagavo alla ricerca di qualcosa che non ricordo con l'unica compagnia del mio soriano nero. Mi piace sentire il rumore dei miei piedi nudi sul pavimento freddo; è un rumore incostante, a molte muto, a volte rimbombante, dipende da come poggio il piede. Cercavo nei cassetti. Ne aprivo uno, rovistavo, scartabellavo e richiudevo. Un altro. Niente. L'ennesimo. Nemmeno qui. Scoprivo solamente che il mio disordine arriva a dei livelli a dir poco spaventosi. Più che altro, dovrei mettere ordine nel disordine: mettere a caso tutte le cose dello stesso tipo. Dare a Cesare quel che è di Cesare. Che confusione. Una volta a furia di aprire e chiudere cassetti si è crepato l'acquario sdraiato sopra il mobile; davvero pesante da svuotare, far traslocare i pesci, comprarne uno nuovo.
Mentre cercavo nel portagiornali, ho sentito un rumore e mi sono girato. Non c'era fortunatamente nessuno, non sarei stato nè presentabile nè avrei saputo come comportarmi di fronte a uno sconosciuto in casa mia. Mi sono rigirato e ti ho visto.
Che spavento! Non mi aspettavo di vederti, anche perchè era tanto tempo che non ci incontravamo. Dio come sei cambiato! Assolutamente non ti avrei riconosciuto. Con quel taglio strano, chi te l'ha fatto? Non mi piaci, stavi meglio prima. Anche perchè con quel viso sciupato e allungato quei capelli ti imbruttiscono. Sei invecchiato eh? Quanti anni sono che non ci vediamo, che non parliamo? Tu dici? No, di più... Come stai? No, non dirmelo. Certo che il tuo viso è diventato eloquente, molto. Non me lo sarei aspettato da te. Ti ricordi quando andavamo d'accordo? Come dici? Non osare! Però non sei cambiato affatto in altezza, a un certo punto non ci si alza più. Nanetto che non sei altro! Mi prendevi in giro da piccolo, e guardati ora! Chi sputa in cielo, in faccia torna, come dice mamma. Oddio copriti! No, non posso vederti nudo in queste circostanze, ora mi imbarazza. Come se vedessi un estraneo e poi non mi piaci lo sai! Per favore copriti ho detto! Dove sono quei jeans che ti eri comprato e che ti piacevano tanto? Indossabili, creatura senza pudore! Mio dio... ho di fronte una puttana. Vestiti immediatamente. E non assumere quello sguardo con me, solo io ne ho il diritto. Ma... copione. Hai sempre avuto la mania di copiare gli altri, come la Convulsiva. Te la ricordi alla festa? Idiota. Come te d'altronde, copi per assecondare i gusti degli altri, per compiacere, farti volere bene. Ma tutti ormai ti conoscono, che credi? A volte mi fai davvero schifo. Dai capelli del cazzo a quei tuoi piedi deformi. Guardati e disgustati.
Eri incazzato, mi guardavi incazzato e con aria di sfida. Non ce l'ho fatta e ti ho tirato un pugno in pieno volto, centrandoti sul naso. Mi sono tagliato con del vetro e il sangue è iniziato a uscire. Sono andato a medicarmi ed eri a terra. Un occhio ai piedi del divano, l'altro con il naso erano accanto alla scrivania. Ti ho proprio ridotto in mille pezzi.
Non sei cambiato per nulla...